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GUARI' GUARA'. ATTIVARE IL POTERE DI AUTO-GUARIGIONE DELLE IMMAGINI

Aggiornamento: 1 mag


Guarì guarà,

se 'l guares mìa 'ncö

al guarirà 'ndomà.


Guarì guarà, se non guarisce oggi guarirà domani. Recitava così la filastrocca che mio padre pronunciava quando correvo da lui per farmi consolare dopo essermi fatta male. Con la mano accarezzava la parte dolente pronunciando l'antica formula magica. Il rituale funzionava e presto potevo tornare a giocare sentendomi guarita. Le parole magiche hanno smesso di avere effetto quando, ormai cresciuta, ho capito il loro significato. Svelato il trucco, svelato l’arcano. Nella sua semplicità e antica saggezza, questo piccolo rituale di guarigione faceva leva sulla capacità della mente di ristabilire velocemente il benessere, a patto che le parole e i gesti di cura venissero presi sul serio.



N. Freti. Accorgersi.



Guarì Guarà è una filastrocca della tradizione bergamasca. Ho ritrovato il testo nell'Archivio Etnografia e Storia Sociale della Lombardia sotto le voci: Espressione ritmica/formula magica. Propiziatorio / Terapeutico (1). Ecco il testo completo:


Guarì guarà

se 'l guares mìa 'ncö

al guarirà 'ndomà

se nò 'l guarirà staséra al lüsùr dèla candéla.


Grazie a questa formula magica a carattere propiziatorio/terapeutico, mio padre poteva attivare in me un potere di auto-guarigione. Non dico che spariva la sbucciatura sul ginocchio ma comunque diminuiva d'importanza e, di conseguenza, il dolore diventava più sopportabile. Credevo nella capacità taumaturgica di quelle parole. Immaginavo di essere guarita e, in qualche modo, lo diventavo. Sarebbe utile avere a disposizione anche da adulti questo potere, ma come attivare il potere di auto-guarigione? Come passare da uno sguardo smaliziato e condizionato come quello contemporaneo a uno sguardo capace di rinnovarsi e generare benessere?



Il linguaggio delle immagini


Può venirci in aiuto lavorare con le immagini. Sono in grado di metterci in connessione con una dimensione che ci appartiene profondamente, quella originaria da cui si generano tutte le forme. Il linguaggio delle immagini è prossimo alla dimensione inconscia. Esprimiamo i contenuti interiori attraverso immagini e simboli, prima che con le parole. Costruiamo rappresentazioni interne sotto forma di immagini – come nei sogni, nell’arte, nel mito. 


Freud riteneva che le immagini del sogno fossero connesse a un meccanismo di difesa – un processo inconscio la cui funzione era quella di proteggere il sognatore agendo su contenuti non graditi alla coscienza attraverso la rimozione. Gli elementi rimossi potevano emergere nei sogni attraverso rappresentazioni simboliche sostitutive, che lasciavano trapelare il concetto celato attraverso somiglianze e analogie. Pensava, inoltre, che i contenuti inconsci dovessero essere interpretati. Tradurre gli elementi simbolici in linguaggio verbale era ritenuto sufficiente per avere un cambiamento, una guarigione. Si trattava di passare da un processo di pensiero – che Freud chiamò primario (inconscio, non verbale, infantile) – a uno secondario (conscio, verbale, razionale, orientato alla realtà). 


Anche oggi il lavoro sulle immagini interne e sui sogni tende a decodificare i significati inconsci per portarli a livello della coscienza e del verbale, ma non solo. Si pensa che il processo di simbolizzazione non debba la sua funzione semplicemente al processo di rimozione, e che l’immagine non necessiti di un’elaborazione verbale ma possa assolvere alle sue funzioni in modo autosufficiente, esaustivo e vantaggioso. Si attivano processi trasformativi anche in altri modi – come fornire esperienze correttive che agiscono direttamente a livello delle immagini e delle emozioni. La dimensione delle immagini connette alle emozioni. E’ difficile modificare un vissuto emotivo lavorando esclusivamente a livello verbale. Bisogna andare oltre, giocare, sperimentare, arrivare al profondo. Bisogna tuffarsi nel mare delle immagini interne. Ci si arriva attraverso le parole ma soprattutto con le esperienze, le emozioni, il movimento corporeo, le immagini, l’immaginazione.



L'arte visiva è un modo di pensare attraverso le immagini


L'espressione artistica è un modo per connettersi a questo nostro mondo interno e trasformarlo. L'arte visiva è un modo di pensare attraverso le immagini. Non è riducibile a una semplice traduzione, a una interpretazione lineare.


«Il linguaggio delle immagini non appartiene all’ordine del dicibile e non si risolve in esso. Vi è un tessuto di relazioni percettive autonome dal linguaggio verbale e evolutivamente precedenti. Non ha quindi valore accessorio né residuale» (2).


Carl Jung usava il lavoro con le immagini e con l'immaginazione (Immaginazione attiva) come forma di auto-cura. Grazie alla produzione di immagini e al lavoro immaginativo, entrò in contatto profondo con la dimensione inconscia ricavandone insegnamenti fondamentali per il suo lavoro.


"Egli ipotizza una pluralità indeterminata di “immagini primordiali”, collettiva e immutabile; una sorta di kantiane «forme a priori» che concorrono, come serbatoio originario dell'immaginazione, alla formazione dei simboli. Queste idee primarie, non sempre di facile interpretazione, sono portatrici di significati multipli. Allo stesso modo l’immagine creata dall’artista si porta appresso una serie di significati e di possibilità interpretative di cui l’artista non è sempre consapevole”. (3)



Lavorare con l'immaginazione


Anche lavorare con l'immaginazione gioca un ruolo importante nel processo di guarigione. Attiva il potere della mente di immaginare e creare. La facoltà immaginativa costruisce scenari attraverso il linguaggio delle immagini – spesso vivide e autonome. Osservare un’immagine, anche con gli occhi della mente, produce un’esperienza simile all’osservazione della realtà. Immaginare fornisce rappresentazioni simili a quelle percettive. Quando immaginiamo qualcosa, nel nostro cervello vengono attivate le stesse aree coinvolte durante l’esperienza di eventi reali. Immaginare di fare un movimento provoca una leggera stimolazione delle aree cerebrali coinvolte nel movimento. In Psicologia dello sport si usa la visualizzazione del movimento e del raggiungimento degli obiettivi per migliorare le prestazioni. Si è visto che l’immaginazione ha un maggiore impatto sulle emozioni rispetto al lavoro svolto a livello verbale. Con l'immaginazione è possibile attivare meccanismi endogeni di auto-miglioramento e guarigione, come ben sapeva Carl Jung e, prima di lui, stregoni e sciamani di varia provenienza e di varie epoche. Anche la Psicoterapia contemporanea fa ormai uso di tecniche immaginative, come l’Imagery Rescripting (4) che dà buoni risultati nel superamento del trauma, e non solo. Ma cosa possiamo fare da soli?



Il disegno come rituale


Possiamo utilizzare il linguaggio delle immagini nelle sue varie forme come rituale di auto-guarigione. Un rituale non è semplicemente qualcosa di ripetitivo ma ha una valenza simbolica. Nelle società tradizionali i rituali erano collegati al sacro. Avevano spesso la funzione di segnare e favorire un momento di passaggio, un cambiamento di stato. Nella nostra quotidianità inserire rituali di benessere crea connessione con la parte più sensibile, profonda e sacra di noi. Creare piccoli rituali quotidiani aiuta a stare meglio. Il rituale del disegno quotidiano è a disposizione di tutti. Oltre a essere piacevole, esprimersi attraverso immagini permette di conservare un margine di ambiguità che diventa generativo di nuove idee e modi di vedere. Possiamo disegnare quello che proviamo, o quello che vediamo, oppure possiamo esprimere un'emozione procedendo con stesure monocromatiche di colore su un foglio. Lasciare che l'opera realizzata comunichi il nostro sentire del momento. O possiamo far vivere il nostro sentire attraverso un gesto pittorico, performativo, o attraverso la danza. E, in un secondo tempo, fermarsi e "ascoltare" il lavoro svolto, guardarlo e riscontrare le sue qualità. Accoglierle senza giudizio. Magari non capiamo tutto, l'opera non è traducibile a livello verbale ma è certo che anche le sensazioni più sfuggenti amano essere viste, ascoltate, accolte. Basta questo per far sì che qualcosa internamente si muova, che un seme germogli, che una sensazione si trasformi e crei la spinta per un piccolo cambiamento. Sta a noi accoglierlo e aiutarlo a esistere nel mondo.




(3) N. Freti. Il respiro dell’arte. Il processo creativo nella ricerca di sé. 2014. Editore Bramani Lubrina.

(4) Van der Wijngaart Remco (2022). L’Imagery rescripting. Teoria e pratica. Giovanni Fioriti Editore




 

Nicoletta Freti, Artista e Counselor Formatore. Nel blog ArtEmpowerment condivido alcuni temi che mi stanno a cuore e che ho indagato in anni di lavoro nei settori dell'arte e della crescita personale.




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